domenica 20 gennaio 2013

La geografia del "mio" cammino



E di chi sarà il coraggio allora se non sarà il mio
se si spegne quella luce resto io
di chi è la più profonda decisione
al di la dei sogni appesi ad una canzone

oggi riconosco il suono della voce di chi sono
e mi fido di un passato carico d'ingenuità
di chi va dallo stupore ad un'altra età
perché quando sembra tutto poco chiaro
se mi fermo alla ricerca di un pensiero
scopro in uno specchio il cielo
è la geografia del mio cammino

da me, torno da me, perché ho imparato
a farmi compagnia
dentro di me, rinasco e frego la malinconia
bella come non mi sono vista mai
io mai

fianco a fianco al mio destino scritto nelle linee della mano
l'uragano che mi gira intorno sono solo iovedo la speranza in fondo a quell'oblio
il difetto è l'esperienza che non ho ancora
ma non me ne prendo cura, non ho più paura

da me torno da me, perché ho imparato a farmi compagnia
dentro di me, ripeto una bestemmia una poesia,
belle come io non l'ho sentita mai, io mai
occhi dritti all'orizzonte, sull'asfalto lascio le mie impronte
cos'è la solitudine
cos'è
ho voglia di deciderlo da me
da me...

torno da me, da me per non andarmene più via
torno da me...
scopro in uno specchio il cielo
è la geografia del mio cammino
del mio cammino.


Torno da me, come se me ne fossi andata. Ma non me ne sono andata, è che non ci sono stata.
Perché quando non ti ami non ci sei. E' questa la chiave. Non c'è nessun percorso, nessun trovarsi, nessuna Dona perfetta e migliore da ricercare e presentare agli altri. Il punto è volersi bene. Volere bene alle debolezze, alle incertezze, ai dubbi, alle paure, farle amiche ché tanto lì stanno. E sentirsi umani, senza l'ansia di essere perfetti. Tanto l'unica cosa che ottieni alla fine è di essere più che imperfetta.
Allora basta, ma basta davvero e voglio che sia l'ultima volta che dico queste parole.
Non perché non cadrò ancora, ma perché sentirò il percorso delle cose.
Non voglio più curarmi di cosa gli altri si aspettano che io sia. Non posso più portare questo peso.
Voglio essere ed esserci.
Ho un'idea di come sono. E di sicuro ho ben chiaro adesso come voglio essere.
Conosco il senso del mio stare qui. Curioso realizzare che l'avevo sempre saputo ma lo avevo dato per scontato. Eppure non gli avevo dato meno valore.
Ho un programma preciso e pieno di aspettative. Ma c'è qualcosa di diverso questa volta.
So che non fallirò, e se anche il percorso dovesse essere molto diverso da quello tracciato so che saprò farlo mio e tenermelo nel cuore.

Viaggerò. Perché so che incontrare l'umanità è una delle cose più preziose che riesco a immaginare.
Perché siamo l'umanità che incontriamo, ma sopratutto l'umanità che siamo capaci di incontrare.
Voglio scontrarmi con la mia paura degli aerei, con il mio imbarazzo quasi terrore di stare in una stanza con persone che non conosco. Voglio avere fiducia nel mio riconoscere quelli "giusti" al primo colpo mediando con la consapevolezza che bisogna imparare a riconoscere le emozioni (o forse dovrei dire "conoscere" senza "ri") in tutte le forme che possono avere. Fuori dagli schemi per creare trasformazione.
Che possa imparare a capire quando sono io e quando no.
Iniziare a vedere le sfumature come corpo perché io sono sia bianco che nero e quello che c'è in mezzo mi appartiene. Non devo scegliere. Che liberazione!

Voglio imparare a fare, perché finora ho sognato tanto ma ho fatto poco.
E quello che ho fatto, riconoscerlo.
Smettere di sminuirmi in continuazione e riacquistare percezione della dimensione delle cose e delle situazioni.
Sento un rubinetto che si apre e tutto si affolla. Non riesco a ordinare pensieri e parole e tutto si riduce a frasi semplici e stupide come sottotitoli, con sintassi semplificata per passi troppo lunghi.
Ma sopratutto...voglio imparare a scrivere, perché delle meraviglie di consapevolezze che la mia mente ha partorito in questi giorni, non riesco a scrivere decentemente mezza riga.

Ho troppo amore in queste viscere. Perché devo tenerlo lì a marcire?